Cerca nel blog

martedì 28 maggio 2013

In my humble opinion. Amministrative e giù di lì.

Una breve analisi del risultato delle amministrative.

Si potrebbe dire che il PD ha vinto. Ma non è così, hanno vinto i candidati che si sono fatti valere. Marino su tutti, di cui ho massima stima ed a cui auguro di diventare sindaco di Roma. Come ha detto qualcuno "Ha vinto malgrado il PD". C'è una discrasia tra il PD nazionale (la cui massima espressione è il Governo Letta) ed il PD delle regioni, dei comuni e delle provincie, che viene percepito come qualcosa di diverso. Probabile che, come è successo in passato con i referendum, la classe dirigente perdente si approprierà del risultato legittimando la sua fallimentare condotta (già sta succedendo).

Si potrebbe dire che il PdL ha perso. E sarebbe vero. Ma la mia netta impressione è che il suo valore aggiunto, Berlusconi, questa volta non ha fatto campagna. Prima delle politiche il PdL viaggiava sui numeri delle amministrative. Poi Berlusconi ha deciso di buttarsi nel mezzo ed ha recuperato i punti necessari per l'impasse nella quale ci troviamo a livello nazionale. Berlusconi, tornato alle sue beghe, ha fatto meno campagna del solito ed il risultato si è visto. Se anche un falco come Cicchitto dice che bisogna ripensare ai criteri di selezione dei candidati e delle dirigenze sul territorio, che devono essere espressione di esso, qualcosa vorrà dire.

Si potrebbe dire che Grillo ha perso, come titolano molti giornali. E sarebbe falso. Il M5S ha perso, ed anche qua sarebbe inesatto. Come dice Gomez, la gran parte del voto del M5S alle politiche è stato voto d'opinione e quel voto lo attira Grillo, non i candidati trasparenti (nel senso di impalpabili) alla De Vito. La riprova è nel fatto che il M5S a livello nazionale continuerà a viaggiare sulle cifre raggranellate alle politiche, mentre alle amministrative continuerà ad arrancare. Siamo di fronte all'ennesimo partito leaderistico ed anche le scuse dei sottoposti, vedi De Vito o Di Battista, ce lo dicono (tranne qualche eccezione).

Insomma, se si fa attenzione il nodo gordiano della politica italiana, nelle sue tre differenti ed attuali realtà rimane sempre lo stesso: la scelta della classe dirigente. Un partito che esprime i migliori candidati a livello territoriale, ma che non riesce a fare lo stesso al suo interno (leggi dirigenza). Altri due partiti che devono molto (troppo) al loro capo e che sul territorio perdono il valore aggiunto presente invece in Parlamento.

I partiti funzionano solo quando i leaders sono espressione delle basi elettorali. Non quando i partiti sono espressione dei leaders o della loro nomenklatura. E (purtroppo) nessuno dei tre grandi attori della politica italiana ricade nel primo caso.

Nessun commento:

Posta un commento