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giovedì 11 agosto 2011

Il nepotismo in Italia? Esiste!

La rivista scientifica PlosOne ha recentemente pubblicato uno studio sul grado di nepotismo in Italia nell'ambiente universitario. L'autore, Stefano Allesina, un Assistant Professor presso il dipartimento di Ecology & Evolution e il Computation Institute alla University of Chicago, ha cercato di elaborare un modello statistico per interpretare la distribuzione dei cognomi lungo lo stivale e per capire quanto la ripetizione degli stessi possa essere indice di nepotismo.
Senza scendere nei tecnicismi (per quelli vi rimando alla spiegazione, in italiano, che lo stesso autore scrive per il blog noiseFromAmeriKa
), l'analisi ci svela il grado e la distribuzione del nepotismo in Italia. Quello che si scopre è per niente sorprendente: il nepotismo è endemico, è più diffuso al sud che al nord ed è più diffuso nei rami di ingegneria, legge e medicina. Interessanti, invece, le conclusioni che l'articolista deduce dalla sua analisi: la prima è che avere delle posizione "tenured" (cioè posto a tempo indeterminato) favorisce il nepotismo; la seconda è che la scarsa grandezza e l'autoreferenzialità dei settori universitari fa sì che i baroni li possano controllare più facilmente; l'ultima è che chi valuta i candidati nei concorsi non ha motivazioni ad assumere i migliori in quanto non è costretto a pagare le conseguenze di ciò.

Le conclusioni che Allesina trae mi trovano completamente d'accordo. L'Università italiana se si vuole svegliare e mettere al passo con il resto deve sposare una cultura della meritocrazia che è ancora lungi dall'essere attuata, la Riforma Gelmini in tal senso è assolutamente inadeguata, le norme anti-parenti sono solo un tentativo frustrato di avversare il nepotismo. In realtà, ciò che servirebbe è semplice. Guardando alle conclusioni tratte da Allesina si capisce come il loro minimo comun denominatore è la mancanza di controllo, o meglio revisione, dell'operato (dalle assunzioni alla produttività) all'interno delle Università. In passato si era tentato con il CIVR (
Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca) di esaudire questo compito. Fallito questi si è passato alla costituzione dell'ANVUR (Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) che però è lungi dall'essere particolarmente attivo, come potete giudicare voi stessi dallo stato del sito web.

Insomma, come sempre in Italia, sembra che ai "controlli" ed al lavorare sub iudice vi sia una certa allergia.

Che il problema dell'Università italiana sia alla fine lo stesso della politica? Probabile.

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