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domenica 11 dicembre 2011

L'ermeneutica italioide.



Manovra Monti. Tutti si lamentano per la sua iniquità, perché pagano sempre i soliti, perché non ci sono vere misure contro l'evasione fiscale. Può darsi di si, può darsi no, può darsi di ni. Ho le mie idee e le tengo per me, per ora.

Detto ciò, però, navigo in rete e mi stupisco.

Mi stupisco che Grillo, il difensore degli oppressi, se la prenda con questa manovra con il Fisco che potrà fare i raggi X al tuo conto in banca e costringe, causa limitazione uso del contante, il dover avere un conto corrente o similia. Questo perché, ovviamente, il Governo Monti è il Governo delle banche (ricordiamoci che Grillo fu anche quello che si scagliò contro Visco quando volle mettere le dichiarazioni dei redditi online).

Poi, giri in rete, e trovi (grazie a @imfree81) pagine come questa. Il blogger "Mercato Libero" ci suggerisce, in un post raffazzonato, che questo Governo non rispetta i patti col cittadino poiché ritassa i capitali scudati (sarà che il cittadino non ha rispettato il patto con lo Stato quando ha evaso?). Carina anche l'idea di mettere il video di "Non ci resta che piangere" di Benigni e Troisi del famigerato fiorino. Dopodiché un panegirico sui costi che ricadranno sui "poveri" pensionati poiché saranno costretti ad avere un conto corrente ed a sopportarne i costi. Mi sa però che l'invito per la gitarella in Svizzera, un po' più in alto, non sia propriamente rivolto ai "poveri" pensionati. Invito dove si specifica che è tutto legale, come se ve ne fosse bisogno. Forse perché ce n'è bisogno. Quindi la conclusione, tirando le somme, è la stessa di Grillo: il Governo Monti è il Governo delle banche.

E mi fa specie che sia la stessa conclusione a cui arriva anche il poco Onorevole Scilipoti e certa stampa vicina ad una certa persona (ogni riferimento è puramente voluto).

La domanda che mi sorge spontanea è: dove la moneta elettronica è la regola e non l'eccezione, i cittadini saranno tutti degli idioti? Non credo. Più semplicemente i costi bancari e di transazione del denaro elettronico sono molto più ridotti e la stragrande maggioranza della moneta viaggia su carta e non su contante. Quindi evasione ridotta e facilità di pagamento per chiunque. Perché i costi in Italia sono così alti? Semplice. Perché le banche fanno cartello e non esiste la benché minima authority che si prenda la briga di mazzularle. Un po' come succedeva con i costi di ricarica per la telefonia mobile, dove gli operatori facevano cartello, finché non è intervenuta (toh! guarda un po') quella cattivona dell'UE che ci ha intimato di toglierli.

Ora se vi fermate un attimo e riflettete, vedrete che c'è qualcosa che unisce tutte le varie posizioni: quella di Grillo, quello di "Mercato Libero" e quella delle banche: il non voler essere (o il non essere) controllati. Che poi è anche la quintessenza di chi ci ha portato alla rovina (ogni riferimento è puramente voluto).

Chiudo riportandovi il mio personale saluto di benvenuto a Beppe Severgnini nel mondo reale. Sarà che, durante la mia esperienza all'interno di una struttura del S.S.N., visitavo signore addobbate di manufatti peggio di un albero di Natale dirmi "Dottore, gli esami facciamoli tutti, tanto io sono esente dal ticket per reddito". Mi chiedo Severgnini invece da quale galassia provenga.

martedì 29 novembre 2011

Borgheivik

La perizia psichiatrica ha stabilito che Breivik è pazzo e sará rinchiuso in un ospedale psichiatrico. La domanda è: visto che ci siamo, possiamo applicare tale diagnosi e relativa cura anche a Borghezio che aveva detto "Le idee di Breivik sono condivisibili"?

giovedì 24 novembre 2011

La Padania esiste. L'Italia anche. L'Europa forse no.

Dichiarazione di Alexander Dobrindt, ideologo della CSU, riguardo l'istituzione degli Eurobonds:

"Barroso è il mercenario degli Stati della dolce vita, che vogliono solo mettere le mani al più presto sui soldi dei nostri contribuenti, la sua proposta di messa in comune dei debiti è un affronto ai tedeschi".

Facciamo un piccolo gioco, sostituiamo qualche parola:

"Roma ladrona è la mercenaria delle regioni del Mezzogiorno, che vogliono solo mettere le mani al più presto sui soldi dei nostri contribuenti, la sua proposta di messa in comune dei debiti è un affronto al popolo padano".

Vabbè, in Italia i debiti sono già in comune da 150 anni, per cui la frase perde un pò la sua valenza però il risultato non è male, potrebbe star bene in bocca a qualsivoglia leghista. Possiamo usare questa dichiarazione di Borghezio del 2000 come termine di paragone:

"La Padania è una realtà politica, culturale ed economica ben nota in tutto il mondo, anche se la classe politica stracciona del Mezzogiorno finge di non saperlo, mentre per noi il Meridione esiste solo come palla al piede, che ci portiamo dolorosamente appresso da 150 anni".

Intanto gli Eurobonds non si fanno perché la Merkel ha delle resistenze interne formate da persone come Dobrindt. Ed in Italia, Lega ed ali più estremiste della politica, avversano l'UE dei tecno-banchieri.

A me sembra un quadro abbastanza chiaro, ma sarà che io, provenendo dal sud d'Italia che è il sud dell'Europa, sia un meridionale al quadrato.

lunedì 21 novembre 2011

Una storiella paradossale.

Ehi ma ve lo immaginate in Italia un comico che per farsi eleggere ti dice "Vi prometto un milione di posti lavoro!", oppure firma in TV un contratto fasullo "con gli italiani"? Capace che una serie di analfabeti, ci crede e lo vota. Poi che ne so, se ne esce con battute sui magistrati rossi e complotti plutocratici comunisti e gli analfabeti divertiti, lo rivotano di nuovo. Allora ne spara di ancora più grosse, che toglierà l'ICI e ci sarà più pelo per tutti e gli analfabeti lo votano per l'ennesima volta. Ma nessuno apre gli occhi agli analfabeti, un po' perché in fondo il comico gli fa comodo, un po' perché li snobba (colpa loro se son analfabeti). Ed il nostro passa una decina d'anni a Palazzo Chigi.

Poi, che ne so, capace che a furia di tutte questa battute e scherzi, qualcuno si incazza davvero e viene a chiedere il conto di tutte le cose dette ed il nostro che non sa che rispondere (lui scherzava in fondo) si dimette alla chetichella. Allora viene nominato un governo tecnico, il nuovo Presidente del Consiglio diviene oggetto di satira da parte un account su Twitter che si spaccia per lui. Di nuovo, molti analfabeti non capiscano che si tratti di uno scherzo e credono che sia il vero Presidente del Consiglio. C'è chi si fa garante delle regole e ne chiede la rimozione, chi se la prende con gli analfabeti digitali, perchè non hanno capito lo scherzo e rovinano il divertimento di Twitter.

Sarebbe un po' paradossale non dite?

Meno male che è tutto solo un flash che mi son fatto in testa io.






Lo so, sono troppo ottimista :P

Rajoy vince in Spagna senza dire cosa ha intenzione di fare. La situazione economica è disastrosa. Da un popolare mi aspetto dei tagli pesantissimi allo stato sociale che, per mantenere il livello di consenso popolare alto, metterà sul piatto le istanze civili conquistate dalla Spagna in questi anni di governo socialista.

Quello che avverrà suona un po' come una "restaurazione".

Certo è che se al posto dei socialisti ci fossero stati i popolari, ora la situazione sarebbe stata esattamente l'opposto.

Come sono sicuro che, se in Italia fossimo andati al voto, avrebbe vinto il centrosinistra. Senza avere uno straccio di programma, senza avere una coalizione chiara, senza aver fatto cadere il governo precedente. Senza nessun merito insomma.

E' il limite dei sistemi bipolari, non nascondiamocelo.

Perché quando si dice che un Governo tecnico è la "morte della democrazia", non si tiene conto che esistono diverse forme tramite le quali la democrazia si può esprimere e che queste possono esaltare o inficiare, in base alla realtà storica cogente, la natura stessa della democrazia.

In parole più povere: siamo proprio sicuri che la scelta di un Governo tecnico vada così a detrimento di noi cittadini? Non è che in realtà è la garanzia di poter esprimere la nostra opinione in maniera più tranquilla e critica?

Detto ancora più in soldoni: se il Governo Monti riuscirà a portare a termine la "messa in sicurezza" dei conti dello Stato, noi potremo ritrovarci nel 2013 alla tornata elettorale con due nuovi schieramenti che avranno il tempo di riorganizzarsi e di poter stendere dei programmi credibili (e diversi) sulla base di una coalizione chiara. Senza lettere della BCE come spade di Damocle sulla loro testa. Certo, perché questo accada molte premesse dovrebbero essere attese (senso di responsabilità dei nostri politici) e molte storture rimosse (concentrazioni di potere pubblico-privato), così come la nostra memoria dovrebbe rimanere granitica nell'anno e mezzo a venire (perchè siamo finiti in questa situazione? Chi ci ha condotto qua?).

Ma avremmo, effettivamente, una vera scelta da compiere. E non come è successo in Spagna, un ovvio risultato.

P.S: Lo so, sono troppo ottimista :P

sabato 19 novembre 2011

Per chi non l'avesse capito... Pensieri di sabato mattina.

Monti si sta preparando a metter mano all'infinita lista dei problemi italiani. Vedremo come andrá, speriamo per tutti bene.

Anche se preferisco guardare sempre in avanti, é sempre bene tenere a mente il passato remoto e prossimo. Ed il passato prossimo ci dice una cosa semplice: il Governo precedente é stato un totale fallimento. E sia chiaro che non lo é stato per trasformismi e "malpancisti". E' stato un fallimento politico, i quattro referendum che hanno abrogato leggi varate da questo Governo (e dal precedente Governo Berlusconi) sono lá a ricordarcelo. E' stato un fallimento tecnico, la probabile reintroduzione dell'ICI, l'aver riabbassato a livelli 2008, causa direttive europee,  la tracciabilitá dei pagamenti (ma sono solo due esempi) stanno lá a testimoniarlo.

Ricordiamocelo bene quando il Governo Monti avrá esaurito il suo mandato, che sia a fine legislatura (come spero) o prima, e bisognerá ritornare alle urne dove qualcuno si ripresenterá col trucco rifatto ed una nuova verginitá.

giovedì 17 novembre 2011

Perchè il primo provvedimento deve essere contro la Casta

Da ieri si è insediato il Governo Monti. Tutti già pronti a suggerire e/o invocare di fare questo o quello. La Camusso invoca la patrimoniale, Lupi invoca la lotta all'evasione fiscale, Bersani la riforma della legge elettorale. E così via in una lunga lista che comprende parti sociali, enti, associazioni e singoli cittadini. E si. Perché come siamo un popolo di cittì, siamo anche un popolo di Presidenti del Consiglio pronti con la loro ricetta, di chi la sa lunga, quando si è contorniati da un gruppo di fessacchiotti.

Visto che non è mia intenzione elevarmi a mosca bianca della situazione, mi permetto di dire la mia. Il primo provvedimento che Monti dovrebbe attuare sono le misure anti-casta. Beh facile direte voi: deve dare un segnale forte, di discontinuità con il passato. Vero, verissimo. Ma c'è anche un secondo valido motivo. Berlusconi, facendo un passo indietro e rassegnando le dimissioni, ma avendo ancora un peso specifico molto alto in Parlamento si trova ora nella posizione di stare alla finestra. A prescindere dall'appoggio dato al Governo Monti, si potrà permettere di dire no ai vari provvedimenti che vadano nel senso della ridistribuzione della ricchezza (leggi patrimoniale), lasciando uno spiraglio di manovra per Monti in un'unica direzione (tagli alla spesa sociale). Provvedimenti che il PD (ed aggiungo io "responsabilmente") probabilmente approverà, essendo disposto a votare anche quelle norme in cui non crede al 100%, ma al 50-60% (Bersani dixit).

A mio avviso l'unica via da percorrere rimane nel presentarsi il prima possibile le già citata a iosa misure anti-casta e riforme di riduzione nei costi della politica (ovviamente quelle non ad iter costituzionale che sennò buonanotte). In primis perché, per quanto ci sia un fondo di demagogia in ciò (si sa che non sono la priorità in quanto il flusso di denaro che muoverebbero non sarebbe così ingente rispetto ad altre misure), accrescerebbe di gran lunga la popolarità di questo Governo tra la gente e permetterebbe di avere un vero elemento di discontinuità con il passato recente. E la popolarità non è un aspetto di secondo piano. Infatti, chi ora si è collocato all'opposizione sia veramente (Lega) che fintamente (PdL), rischia di vedere accrescere la propria popolarità andando a tutelare gli interessi che cercheranno di essere cancellati. In più sarebbe la maniera di mettere i partiti alle spalle contro il muro. Essendo comunque loro a votare le leggi in Parlamento, si troverebbero subito davanti al dilemma di doversi auto-punire. In caso qualcuno non lo faccia, apparirà come chi ha intenzione di sparigliare le carte della tanto invocata "equità sociale".

Quello che possiamo fare noi, comuni mortali ed elettori, è aprire gli occhi a chi ci sta accanto, aiutando  a rendersi conto che se non andiamo tutti nella stessa direzione ci aspetta una gran brutta fine.

martedì 15 novembre 2011

I clamori prima della sconfitta?

Lo spread in questo momento è arrivato a 531. Il Prof. Monti sta cercando di trovare la quadra per metter su un nuovo Governo che avrà il compito di affrontare il difficilissimo momento che l'Italia (e non solo) sta attraversando. Per farlo deve mettere d'accordo una selva di partiti e partitini (alla faccia del bipolarismo) che affollano le Camere. Esponenti di tali partiti si sbrodolano in varie dichiarazioni. Di Pietro prima dice no, poi dice si ma a tempo. Il PdL dice si ma senza politici nel Governo, poi non si sa se ci ripensa. Bocchino (Terzo Polo) dichiara di voler candidare Monti alla testa di una coalizione e Capezzone (PdL) gli risponde che, se così, questo Governo non nascerà neanche. Bersani invoca la legge elettorale mentre il PdL non vuole che sia toccata. Insomma, attestazioni su posizioni e giravolte sulle stesse in vista del prossimo obiettivo: le elezioni, il prossimo anno o nel 2013 che siano.

In tutto ciò si perde la visione d'insieme, l'obiettivo semplice eppure dimenticato della politica: il bene comune. Il saper ragionare ad ampio respiro e vedere le cose in un'ottica di lungo corso, c'è da attuare la modernizzazione di un paese.

Ed a me torna in mente una frase di Sun Tzu, generale e filosofo cinese del V secolo a.C.

Una strategia senza tattiche è il cammino più lento verso la vittoria. Le tattiche senza una strategia sono il clamore prima della sconfitta.

Se chi sta cercando di mettere in piedi questo Governo (leggi il Presidente della Repubblica Napolitano e l'incaricato Presidente del Consiglio Monti) ha una chiara strategia, per lenta e dolorosa che sia la via per attuarla, dall'altra parte i parlamentari, ed i partiti a cui appartengono, sembrano una masnada di soldati e caporali che si perdono in tattiche per la prossima battaglia senza sapere quale sia il piano da mettere in atto. Speriamo che le dichiarazioni mutevoli e contraddittorie che si leggono sui giornali in questi giorni (ma anche da diversi anni si potrebbe dire) non siano i clamori prima della sconfitta.

lunedì 7 novembre 2011

Ossessioni

Stamane Giuliano Ferrara ha fatto capire che Berlusconi si stava per dimettere ("questioni di ore, forse minuti"). Dopodiché la notizia è stata ripresa da varie testate nazionali e non. Poi, è arrivato il Nostro che ha smentito il tutto, dicendo che metterà la fiducia alla prossima votazione per "vedere in faccia i traditori". Tutto questo bailamme è stato riflesso dalle borse. Prima euforia, poi no.

Ricapitolando, un giornalista abbastanza accreditato, molto vicino al primo ministro (e suo ex ministro), direttore di un giornale edito dal fratello del primo ministro, lancia la notizia che questi sta per dimettersi. All'euforia dei mercati, risponde il primo ministro stesso smentendo la notizia.

Sinceramente, capisco la costernazione di tanti che speravano si fosse arrivati alla fine del Governo più tribolato della Seconda Repubblica e si concentrano sul dato politico della cosa, ma solo io ci vedo (come in quasi tutte le cose che riguardano quest'uomo) un enorme conflitto d'interessi?

mercoledì 26 ottobre 2011

Intelligenti pauca


Durante un vertice europeo, la Merkel e Sarkozy ad una domanda su Berlusconi, si guardano negli occhi e ridono sommessamente, provocando l'ilarità generale.

Le due eminenze europee sono andate oltre il protocollo ed il bon ton che la situazione richiedeva. Certo è, ve lo dice uno che abita all'estero da quasi cinque anni, che per una volta anche chi era in Italia si è sentito come chi, italiano, vive all'estero: preso per il culo.

Ora ci son due maniere di reagire a questo tipo di provocazioni. La prima è quella di sdegnarsi e di ribaltare la frittata, offendendo o sottilmente insinuando l'autore dello sberleffo di essere pari all'oggetto dello stesso. E di queste reazioni ne son piene i giornali e le bocche di molti politici, una per tutti. Oppure, vi è una seconda reazione, che è quella che hanno molti italiani quando si recano all'estero (almeno per la mia esperienza, nda) e subiscono risatine e risolini: in un ambiente ostile, si mettono a testa bassa a lavorare e dimostrano che sfottò e sberleffi sono assolutamente infondati.

Intelligenti pauca.

martedì 18 ottobre 2011

I giovani d'oggi non si prendono le proprie responsabilità

In un paese normale (quanto odio questa locuzione, nda), dopo gli avvenimenti di sabato, un Ministro dell'Interno sarebbe alla spasso. Un'opposizione come si deve avrebbe battuto il tasto sulla disorganizzazione messa in campo dalle forse dell'ordine e non offerto la sponda, come ha fatto Di Pietro, chiedendo nuove norme.

Ma si sa il problema è che esecutivo e legislativo (quelle cose annoverate tra le istituzioni) son così impegnati a rendere questo paese un posto migliore che dobbiamo sottolineare quanto invece sia il popolo (ed i gggiovani  (?) in particolare) a sottrarsi alle proprie responsabilità.

Mi raccomando: alla prossima manifestazione quando incontrate un gggiovane ditegli di portarsi dietro la sua mazza da baseball che bisogna far repulisti di un black bloc.


Gli elettori del M5S son tutti co***oni?

Abbiamo un nuovo Presidente di regione nel  Molise da ieri notte. Insomma, nuovo di pacca non tanto visto che il vincitore, Michele Iorio del PdL, è al terzo mandato consecutivo. Lo scarto con l'avversario, Paolo di Laura Frattura, candidato dalle opposizioni, è stato di 1500 voti. Tenendo conto che il terzo candidato, Antonio Federico del M5S, ha ottenuto 10.000 voti, è partita da sinistra l'accusa a Grillo di aver "rubato" voti al centrosinistra ed aver favorito così la vittoria.

L'onorevole Franceschini ci fa sapere, dal suo account Twitter: "Per un pugno di voti in Molise vince il candidato di destra, grazie ai voti di Grillo, tolti al centrosinistra. Come in Piemonte..". Insomma una frase difficile da equivocare.

Una frase che, personalmente, ritengo offensiva nei confronti degli elettori al pari del famoso "Non si può essere così coglioni" detto da Berlusconi nei confronti degli elettori di sinistra. Forse più elegante, ma sicuramente altamente sprezzante nei confronti della volontà di 10.000 molisani. Come se non fossimo in un paese libero dove ognuno non possa esercitare il proprio diritto di voto in piena libertà. Una frase che tradisce una serie di idee sbagliate su cosa sia la politica: l'idea che bisogna prevalere sull'altro schieramento a qualsiasi costo e non che bisogna invece affermare le proprie idee politiche; che i voti siano dei pacchetti posseduti dai partiti, per cui si può essere "scippati" di tali. Idee che, ahimè, confermano i luoghi comuni della politica italiana denunciati da Grillo stesso.

Se 10.000 persone hanno ritenuto il candidato del M5S migliore di quello delle opposizioni nulla si può obiettare. Ammesso e non concesso che l'area di afferenza dei voti sia la stessa (tutto da dimostrare), dovrebbe essere il partito che ha visto diminuire il proprio consenso, imparare la lezione e riorganizzarsi in maniera tale da migliorare la propria offerta politica, prendendosi le responsabilità delle proprie scelte e dei propri fallimenti.

Tanto per intenderci, è lo stesso errore che Grillo commette quando imputa ai parlamentari dell'opposizione , causa alcune assenze, di essere "rei" di aver fatto passare leggi (deleterie) della maggioranza e propone di farla "pagare" agli assenti dell'opposizione. Come se il volere del parlamentare fosse nullo e come se le leggi approvate non siano state tali per responsabilità di chi le ha effettivamente scritte e votate, cioè la maggioranza.


venerdì 14 ottobre 2011

Ma quanto ci costa Berlusconi?

Durante il tran tran internettiano che ha caratterizzato questi giorni, vuoi per la rinnovata fiducia al Governo Berlusconi, vuoi per l'imminente manifestazione di protesta globalizzata verso banche e governi di domani, mi è sorta una domanda in testa. Leggevo in rete i tweets su #occupiamobancaditalia che spiegavano come la protesta fosse "simbolicamente" contro la BCE, vera artefice delle politiche del Governo (essendo Berlusconi già trapassato politicamente) e che è ingiusto pagare un debito creato da cattivi politicanti e sistemi bancari e che bisognerebbe prendere ad esempio l'Islanda che il debito ha deciso di non pagarlo. Dopodichè ho letto diversi articoli che spiegavano chiaramente perché non pagare il debito sarebbe una soluzione suicida. Ed intanto, leggendo leggendo, il Governo Berlusconi (quello trapassato politicamente, ormai al soldo della BCE) stamattina ha incassato l'ennesima fiducia (316 voti, due in più di dieci mesi, un miglioramento notevole!) e quindi toccherà a questo governo subappaltato sbrogliare la matassa debito (che almeno sembra si sia fermato nell'ultimo mese).

Insomma in un tutto questo marasma io mi sono detto che forse no, non è possibile fare come in Islanda di rifiutare di pagare il debito con le tasse dei cittadini, perché siamo nell'euro, perché andremmo a finire in una recessione ancora peggiore, insomma per un sacco di buoni motivi, però si potrebbe cercare di fare come in Islanda per un altro verso: quello di capire chi ha fatto la frittata e fargliela pagare. Il caso islandese è più chiaro, vi erano delle banche private che con la compiacenza di politici operavano in maniera pazzoide. In Italia, sicuramente, la situazione è diversa. Tendenzialmente il sistema bancario è più sonnacchioso ed il boom del debito pubblico non è certo imputabile a chissà quali soccorsi nei confronti di banche ed imprese. Il boom è avvenuto nei primi due anni (da 102% a 116% del rapporto debito/PIL, ma vado a memoria potrei sbagliarmi) di legislatura di questo governo, quando qualche sentore si stava avendo di questa crisi ed in Italia ci davamo le pacche sulle spalle per dirci quanto eravamo bravi, per dirci quanto eravamo belli. Ecco, mi son sempre chiesto: visto che uscivamo da un quindicennio nel quale il debito pubblico andava calando (eccetto che per la seconda parte della legislatura 2001-2006), visto che il Governo non aveva ancora incominciato a sostenere le banche (ma lo sta facendo o lo ha mai fatto?), insomma tutti questi soldi dove sono andati a finire? Per cosa sono stati spesi? Tenendo conto che nel rapporto debito/PIL è più o meno sempre quello, non si può manco dire "Siamo andati in recessione, per questo il rapporto aumenta". In servizi? Direi proprio di no. In infrastrutture? Nemmeno. Agli enti locali? Pare proprio di no. Poi ci penso e mi tornano in mente gli scandali per gli appalti delle grandi opere, i finanziamenti per le grandi opere promesse e mai costruite (ogni riferimento è puramente casuale), ma soprattutto tutte quelle situazioni derivanti da conflitto di interesse. Ad esempio, ultima ma non meno importante, la vendita delle frequenze del 4G, dove per quelle telefoniche si è proceduto alla normale asta, 4 miliardi incassati, e per quelle televisive ad un beauty contest (cioè lo Stato le regala alle più belle del reame). Quindi, ad occhio e croce, un equivalente incasso mancato. O sempre per rimanere nel recente, i fondi tagliati alla digitalizzazione del paese (qui prodest? anche qua ogni riferimento è puramente casuale) che darebbero una bella botta al PIL. Anche qua un'altra montagna di soldi. Soldi che si traducono poi, lo abbiamo visto quando i tempi si fanno bui, in tagli dei beni sociali: del welfare, degli ammortizzatori sociali, della sanità, dell'Università e via dicendo.
Capisco la gente che protesta, capisco prendersela con banche centrali che intimano misure draconiane, capisco anche il gioco delle parti tra elettori di destra e sinistra. Insomma, in anni ed anni, ho letto fiumane di articoli sulle leggi-vergogna, sulle leggi ad personam, sulle porcate giudiziarie, ma possibile che nessuno si chiede e pone con forza l'accento su quanto ci costa (e ci continuerà a costare vista la fiducia) Berlusconi?

martedì 11 ottobre 2011

Avete rotto con Steve Jobs.


Dopo la morte di Steve Jobs è partita un'ondata in rete di santificazione. Commenti esagerati, da parte anche di chi poco o nulla ci capisce di informatica, per cui (a parte i paragoni improbabili con Leonardo, come ha fatto il sindaco di Firenze Renzi, o con Einstein, Edison e chi più ne ha più ne metta) sembra che SJ abbia inventato il computer, il touchscreen, il lettore mp3, gli smartphone e così via.

Ma questa è la favola che è nata e si sta propagando in rete.

Il punto è che SJ non ha inventato niente di queste cose, le ha ottimizzate e lo ha fatto in maniera egregia, stando sempre un mezzo passo avanti alla concorrenza grazie alla dedizione e la passione per il suo lavoro. Trasmettendo questi pregi ai suoi sottoposti grazie al suo carisma.

E' questa è la base su cui si è sviluppata la favola.

Poi c'è chi demonizza SJ. Grande capitano d'industria, che frusta i bambini cinesi della Foxconn fino ad indurli al suicidio. E c'è SJ che si frega le mani come Montgomery Burns perché ci sta rifilando a noi "gonzi" tutta una serie di gadgets che non ci servono ma che noi consideriamo molto cool.

E' questa è la contro-favola.

Perchè è vero che Apple si serve di Foxconn per l'assemblamento dei suoi prodotti. Ed è vero che in Foxconn la gente si è suicidata e si suicida per gli stressanti ritmi di lavoro. Così come è anche vero che la Apple gioca sulla strategia di marketing di venderci qualcosa che sembra necessario ma non lo è.

E' questo invece è ciò su cui si basa la contro-favola.

Questo per dire che va bene avversare la santificazione di SJ, quando questa raggiunge livelli di fanatismo. Ma bisogna farlo nella giusta misura e con un minimo di obiettività. E' errato attribuire meriti non suoi e accreditarlo come il più grande inventore di tutti i tempi (esagero, nda). Così come è fuorviante marchiarlo delle pecche di un sistema non certamente creato da lui e che gli sopravviverà (sia lo sfruttamento del lavoro, sia le strategie ingannevoli di marketing). Perché se dovesse morire il CEO di Nokia o qualche altra company, non gliene fregherebbe a nessuno una mazza, eppure quelle pecche ci sarebbero lo stesso.

L'unico spunto degno di nota, in questo marasma di fesserie, mi è sembrata questa, come molti hanno già sottolineato.

Per il resto, ognuno si sceglie i miti che vuole. Uno dei miei ultimamente ha vinto il Nobel per la medicina, tal Hoffmann (forse c'entra qualcosa che io faccia ricerca medica per vivere). Ed il suo collega Steinman non potrà ritirare il premio perché deceduto il venerdì prima che questo venisse annunciato. Ma non andrò certo a far pistolotti in giro alla gente perché piange Jobs e non Steinman. Personalmente non ho mai avuto una particolare ammirazione per SJ. Al netto delle considerazioni politico-sociali, vedo in SJ una persona che si è impegnata a fare il suo lavoro (il progettista) con serietà e dedizione. Quello che mi importa è che i risultati ottenuti da Apple potranno portare ai benefici più disparati, al di là del fine per cui sono stati conseguiti. Per questo merita il rispetto di chi fa bene il proprio lavoro. Lo stesso che porto al mio barbiere quando mi fa bene barba e capelli.

A voi invece che state là ad accapigliarvi per la figura di SJ, santo o demone, di rispetto ve ne porto un po' di meno. Anche perché, sinceramente, avete un po' rotto.


lunedì 10 ottobre 2011

Che sia una barzelletta anche questa?

La conoscete la barzelletta della lepre che corre nella foresta?

C'è una lepre che sta correndo nella foresta tutta contenta. Ad un certo punto incontra un orso che si sta rollando una canna. "Orso, amico mio, perché ti fai del male fumando quella roba? Vieni con me a farti una corsetta! Immergiti nella natura anche tu come me!". Al che l'orso, convinto, lascia stare la canna e comincia a correre insieme alla lepre. Dopo un po' la lepre e l'orso incontrano un lupo che si sta per sniffare una pista di cocaina. La lepre vedendolo dice "Lupo, ma che fai? Vieni a farti una corsa con noi!! Pensa alla tua salute e lascia perdere quella robaccia!!". Il lupo ci pensa un attimo e dopodiché si unisce alla lepre ed all'orso. Dopo un altro po' di corsa i tre animali incontrano un leone che si sta facendo una pera di eroina. Al che la lepre "Leone, tu sei il Re della Foresta!!! Non puoi sprecare la tua vita drogandoti!! Unisciti a noi ed immergiti nella natura per una bella corsa!!!". Il leone stancamente si alza e guarda la lepre: "Lepre, ma è possibile che ogni volta che prendi l'ecstasy devi rompere le palle a mezza foresta???".

Ecco, questa storiella mi è tornata in mente stamane, leggendo questa notizia. Che sia una barzelletta anche questa?

mercoledì 5 ottobre 2011

Farla dentro la tazza

Gran clamore si è sollevato sull'editoriale de Il Tempo, nel quale l'articolista Di Majo suggerisce di ricominciare ad utilizzare la Treccani causa sciopero della versione italiana di Wikipedia per il decreto ammazzablog. Ovviamente sui social networks sono partite le (giuste, nda) proteste nei confronti del suddetto decreto. Al comparire dell'articolo de Il Tempo, in Twitter sono diventati di colpo TT sia #Wikipedia che #Treccani. Un profluvio di parole, dove molti insistono sulla "superiorità" dell'enciclopedia in rete, perché è gratis, perché è veloce, invece la Treccani pesa, c'è dietro la ENI e bla, bla, bla. Tutte cose vere (o forse no) ma sia chiaro che esulano completamente dal punto di partenza della questione e cioè che Wikipedia, con tale legge, non potrà assolvere alla sua funzione che per un sito di divulgazione neutro ed alla portata di tutti è preoccupante.

Purtroppo, mi vien da pensare, l'articolo de Il Tempo ha funzionato benissimo: ha radicalizzato i consensi in un sterile "wikipedia vs. treccani". Uno specchio per le allodole. Un modus operandi lanciato e reso celebre dal nostro attuale Presidente del Consiglio: non importa quale che sia il terreno di discussione, l'importante è schierarsi.

Ma se il modus operandi è stato abbondantemente sdoganato da SB, è anche vero che intacca molti strati e persone di posizioni diverse. Basti pensare al tormentone di qualche giorno fa, quello su Vasco e Nonciclopedia, dove la seconda ha scioperato in protesta della denuncia del primo per i contenuti diffamanti della pagina a lui dedicata. Ed ovviamente la cosa è degenerata in un Vasco vs. Nonciclopedia, con insulti di demente al primo e accuse di fascismo verso la seconda. Cose vere entrambe o forse no, ma che poco c'entravano con la querelle in questione.

E questo atteggiamento è così "istituzionalizzato" che ormai si è fatta prassi ridicola. Guardate ad esempio in RAI, dove si è ratificata la presenza del doppio opinionista. Per cui ora ci perderemo in trasmissioni del tipo Ferrara vs. Santoro per decidere chi avrà ragione, senza curarci delle tesi sostenute.

Questo per dire che, per chi non l'avesse capito, un punto debole degli italiani è e rimane la partigianeria. Date qualcosa per cui fare il tifo e ci si scorderà persino di quello di cui si stava parlando. Cioè del merito della questione. E' inutile, siamo un popolo che non riesce proprio a farla dentro la tazza.

UPDATE: interpellato l'account Twitter della Treccani sulla vicenda ho ricevuto una risposta che dice tutto.

venerdì 23 settembre 2011

Piccolo ragionamento sulla #listaouting

Da stamane gira in rete la famigerata #listaouting. Senza andare a impegolarci in discussioni sulla privacy e sulla disobbedienza civile (come giustamente fa notare Gilioli sul suo blog), mi preme considerare lo scopo di chi ha scritto la lista outing.

L'intento è di sottolineare l'incoerenza di chi ha votato contro la legge anti-omofobia ed ha invece orientamenti omosessuali, quindi ha votato contro una tutela di un suo diritto per interessi di bottega politica (voti dell'elettorato conservatore, obbedienza al capo, coesione della maggioranza, etc...). Parliamoci chiaro, le liste di outing, fatte da collettivi attivisti, non sono certo la prima volte che vengono fuori. Ed hanno appunto l'intento di far affiorare quella parte nascosta di realtà quando c'è in ballo la tutela dei diritti dei cittadini.

Ma in questo caso, vista la legge che è stata bocciata, mi chiedo se il punto è essere omofobo o omosessuale. Perchè a leggere la lista l'idea è che, per un omofobo, l'essere omosessuale è un aggravante, come se non basti l'essere omofobo e basta. Infatti la legge, avversata ingiustamente, proponeva come aggravante l'atteggiamento omofobo e nulla disquisiva sull'orientamento dei soggetti. Cioè io ti punisco non perchè picchi uno che sia gay, ma perchè picchi uno perchè pensi che sia gay. Qua siamo al contrario, te la prendi con uno non perchè è omofobo, ma perchè è omosessuale ed omofobo al tempo stesso. Quasi che la discriminate non sia più l'omofobia ma l'omosessualità.

Personalmente, penso che un atto del genere possa generare solo una grande confusione da parte della società civile ed un irrigidimento da parte di chi risiede nella stanza dei bottoni.


giovedì 1 settembre 2011

Il senso dell'indignazione nel pallone

Facciamo una piccola premessa: io sono di Bari e quindi mi informo abbastanza su quello che accade nella mia terra, anche se non ci abito più da anni. Ultimamente al comune di Bari, su richiesta di un Matarrese (parente del presidente del Bari), deputato dell'opposizione, è stata votata una mozione su la dilazione dei pagamenti che la società A.S.Bari deve al Comune per l'usufrutto dello Stadio San Nicola (di proprietà del Comune), circa un milione di euro.

La mozione è stata accettata quasi all'unanimità, anche perché, era stata presentata qualche mese fa dallo stesso sindaco Emiliano. Quindi sarebbe stata ridicola bocciarla solo perché a presentarla erano i diretti interessati. In città, da quel che ho visto non è volata una mosca. Vero è che queste situazioni si sono già riproposte in passato, come con il Decreto Salva-Calcio o con elargizioni di spalmature di debiti dovuti all'erario.

Mi viene quindi spontanea una domanda.

Perché la gente si incazza e trova indegno che i giocatori scioperino per difendere i propri diritti, senza arrecare nessun danno o disagio alla collettività (la querelle sul contributo di solidarietà era cosa che si sarebbe risolta tra società e giocatori, quindi per l'italiano medio era da vedere se pagava Ibrahimovic o Berlusconi, in più il calcio non è un servizio pubblico), mentre quando si tratta di aiutare le società che devono saldare i proprio debiti (e si parla di soldi comuni) la gente tende a chiudere un occhio ed anche l'altro?

Mi chiedo quale sia il senso civico di tutto ciò.

mercoledì 17 agosto 2011

Dick e i riots


Due giovani di 20 e 22 anni sono stati condannati a quattro anni di reclusione per aver incitato, tramite social network, a partecipare ai riots che imperversavano in UK la settimana scorsa. Uno reo di aver creato una pagina evento su Facebook chiamata "Distruggiamo in Northwich Town", mentre l'altro aveva creato la pagina "I riots di Warrington". La polizia, su segnalazione di altri utenti, ha chiuso preventivamente le pagine e nessuno di entrambi gli eventi ha preso piede.
Una misura mirata ad essere sensazionale in maniera tale da funzionare da paradigma: l'istigazione a delinquere sui networks "pesa" come quella del mondo reale, se non di più (anzi direi decisamente di più). In linea con Cameron che aveva detto che la "peante mano della legge" si sarebbe fatta sentire. Da parte labour e libdem si sta alzando un coro di critiche, soprattutto riguardo la misura della pena. Si parla soprattutto di mancanza di proporzionalità, infatti nessuno di quelli che hanno partecipato effettivamente ai riots, anche se colti in flagrante, hanno ricevuto una pena così severa.
Personalmente, più che mancanza di proporzionalità, mi sembra che si voglia condannare l'intenzione a delinquere. E mi ritorna in mente il racconto di (quel genio di) Dick, Rapporto di Minoranza, con i suoi precrimini e i precogs. Che i social network diventino i nostri precogs? 

venerdì 12 agosto 2011

Il manifesto di Moore sui riots ed il fact check.

Alan Moore, per chi non lo sapesse, è un famoso autore di fumetti inglese, tra cui il celeberrimo "V for Vendetta" (di cui è sicuramente più conosciuta la trasposizione cinematografica). Tale opera è stata rievocata in rete e non, ultimamente, per le analogie con i recenti fatti di Londra. Infatti, il finale di tale graphic novel vede il Parlamento inglese zompare all'aria grazie alle mirabolanti azioni dell'anarchico V, con la partecipazione all'evento di tutta la popolazione londinese, sensibilizzata precedentemente dallo stesso V.

Bene. Molti si sono chiesti che cosa pensasse Moore degli eventi che, in parte, sembra aver presagito con la sua opera. Tra questi vi è sicuramente Mattia Bernardo Bagnoli che, a sua detta, ha cercato di contattare Moore, come ci riporta nel suo blog, riuscendo alla fine ad ottenere un testo rilanciato dal website Linkiesta. Il testo, con traduzione inglese annessa, è subito rimbalzato in rete creando clamore (come tutto ciò che Moore fa), ripreso anche da professionisti del settore, come gli autori di Don Zauker, che commentano ironicamente come in Italia, invece, ai fumettisti "si fanno solo domande sul fidanzamento di Paperino e Paperina, la camicia di Tex o l’amore tra Eva e Diabolik".

Il testo condanna gli atti di sciacallaggio e vandalismo avvenuti in Inghilterra e promuove come i "veri anarchici" (Moore è un noto anarchico e il personaggio di V è liberamente ispirato, a detta del suo autore, a Bakunin) coloro che hanno ripulito volontariamente le strade di Londra e delle altre città.

Sebbene il contenuto del testo non mi sorprenda, per quella che è la mia conoscenza di Moore, rimango un po' stranito da parte del "mago" inglese di affidare i suoi messaggi a questa forma comunicativa. Quindi faccio due controlli. Primo cerco traccia della notizia su siti esteri. Ma non ve ne trovo nessuna. Dopodiché rileggo attentamente il blog di Bagnoli nel quale scrive che ha "provato ogni strada" per contattare l'autore inglese ma inutilmente, finendo col contattare il "suo website" dal quale hanno risposto 
«Mr Moore non rilascia interviste ma ha preparato una dichiarazione». E qua i conti cominciano a non tornare. Moore non rilascia interviste... Davvero? Essendo un aficionado dei suoi lavori ed essendone uscito uno recentemente, mi ricordo di averne letta una recentemente sul Guardian. In più, sempre cercando in rete, vi è addirittura un sito che raccoglie tutte le interviste rilasciate da Moore. Come si può ben vedere il fumettista non si risparmia nel dire la sua a giornali et similia. In più m'interrogo quale sia il website contattato da Bagnoli. In rete esistono diversi website dedicati a Moore, ma dalle mie ricerche in rete (ma come già sapevo) uno solo è gestito da Moore, il sito Dodgem Logic. Ovviamente nessuna traccia delle sue dichiarazioni sui riots. Così come anche sul principale fan website dedicato all'autore.

Bagnoli chiosa nel suo post, riferendosi al famigerato website (ma mettere un link?) "Ho chiesto subito se quel materiale fosse stato preparato espressamente in seguito alla mia richiesta o fosse una press release generale. Nessuno mi ha mai risposto. Ora, poiché preferisco venire accusato di essere troppo scrupoloso piuttosto che un pagliaccio, non pretenderò che queste parole siano un’esclusiva – non l’ho fatto nemmeno negli articoli che ho scritto per l’ANSA e La Stampa, dove stralci del materiale sono stati pubblicati". Io mi sarei più che altro chiesto se il testo fosse originale. Non sorprende, infatti, la frase finale in cui dice che di tale materiale "sul web, per ora, non sono riuscito a trovare traccia".

Proprio questa mattina avevo visionato un video del movimento Zeitgeistitalia, in cui si spiega "come destreggiarsi nella giungla delle notizie ed evitare di farsi prendere in giro". Tal video si propone come guida per le notizie a fondo scientifico, ma va bene come atteggiamento generale per qualsiasi notizia, visto che non è altro quello che viene definito "fact check". Ed alla prova del fact check tale notizia sembra essere piuttosto deboluccia.

Trovo anche un pò paradossale che entrambi i contenuti (manifesto di Moore sui riots e video di Zeitgeist sul fact check) siano stati rimbalzati dall'account Twitter di Informarexresistere.

Spero che il testo diffuso sia effettivamente di Moore, in caso contrario mi convinco sempre più dell'idea che la rete e la relativa informazione, soprattutto in Italia, diventi un mare magnum in cui sia sempre più difficile distinguere il vero dal falso.

Patrimoniale? No grazie, siamo liberali.

Leggo su LetteraViola che il senatore Paolo Guzzanti, in un editoriale su IlGiornale, ci spiega gustosamente che le strombazzate richieste, da parte dell'opposizione e della CGIL, di patrimoniali sono figlie della logica capovolta del calvinismo. Il Guzzanti-pensiero ci dice che in Italia il saper fare soldi non è una virtù morale ma bensì una colpa perchè il denaro viene visto come "sporco".

Il senatore Guzzanti, tanto per intenderci, è anche l'autore del Blog Rivoluzione Italiana, chiamato così perché, ci spiega, "l’Italia non ha mai avuto la sua rivoluzione democratica e borghese " e che dopo il fascismo "è... ...caduta sotto la cappa di piombo di un dominio culturale comunista con la gestione politica degli eroici ma insufficienti partiti democratici che hanno fatto la Repubblica e l’hanno mantenuta in piedi" (sorvolo i seguenti ed involontariamente comici commenti su SB).

Insomma, sembra che IlGiornale abbia scelto un campione liberale per spiegarci perché bisogna avversare questo "scempio" di patrimoniale.

Sarà un caso, ma mi viene in mente un commento di qualche tempo fa dell'economista Boldrin apparso su noiSeFromameriKa, in cui Boldrin faceva il pelo ai sedicenti liberali italiani, individuando il tratto distintivo nella "
paura storica della borghesia italiana per la redistribuzione di ricchezza e potere".

Il commento di Boldrin è del 26 maggio, l'articolo di Guzzanti è di oggi. Eppure il secondo sembra essere la logica risposta al primo. Insomma niente di nuovo sul fronte occidentale.

P.S: ma Guzzanti ha fatto il classico?

giovedì 11 agosto 2011

Il nepotismo in Italia? Esiste!

La rivista scientifica PlosOne ha recentemente pubblicato uno studio sul grado di nepotismo in Italia nell'ambiente universitario. L'autore, Stefano Allesina, un Assistant Professor presso il dipartimento di Ecology & Evolution e il Computation Institute alla University of Chicago, ha cercato di elaborare un modello statistico per interpretare la distribuzione dei cognomi lungo lo stivale e per capire quanto la ripetizione degli stessi possa essere indice di nepotismo.
Senza scendere nei tecnicismi (per quelli vi rimando alla spiegazione, in italiano, che lo stesso autore scrive per il blog noiseFromAmeriKa
), l'analisi ci svela il grado e la distribuzione del nepotismo in Italia. Quello che si scopre è per niente sorprendente: il nepotismo è endemico, è più diffuso al sud che al nord ed è più diffuso nei rami di ingegneria, legge e medicina. Interessanti, invece, le conclusioni che l'articolista deduce dalla sua analisi: la prima è che avere delle posizione "tenured" (cioè posto a tempo indeterminato) favorisce il nepotismo; la seconda è che la scarsa grandezza e l'autoreferenzialità dei settori universitari fa sì che i baroni li possano controllare più facilmente; l'ultima è che chi valuta i candidati nei concorsi non ha motivazioni ad assumere i migliori in quanto non è costretto a pagare le conseguenze di ciò.

Le conclusioni che Allesina trae mi trovano completamente d'accordo. L'Università italiana se si vuole svegliare e mettere al passo con il resto deve sposare una cultura della meritocrazia che è ancora lungi dall'essere attuata, la Riforma Gelmini in tal senso è assolutamente inadeguata, le norme anti-parenti sono solo un tentativo frustrato di avversare il nepotismo. In realtà, ciò che servirebbe è semplice. Guardando alle conclusioni tratte da Allesina si capisce come il loro minimo comun denominatore è la mancanza di controllo, o meglio revisione, dell'operato (dalle assunzioni alla produttività) all'interno delle Università. In passato si era tentato con il CIVR (
Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca) di esaudire questo compito. Fallito questi si è passato alla costituzione dell'ANVUR (Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) che però è lungi dall'essere particolarmente attivo, come potete giudicare voi stessi dallo stato del sito web.

Insomma, come sempre in Italia, sembra che ai "controlli" ed al lavorare sub iudice vi sia una certa allergia.

Che il problema dell'Università italiana sia alla fine lo stesso della politica? Probabile.

domenica 7 agosto 2011

Il downgrade degli USA. Di chi è la colpa?

L'America ha subito un downgrade dei propri titoli di Stato. La notizia ha fatto il giro del mondo causando, giustamente, allarmismo e aprendo scenari fino a poco tempo fa impensabili quali la Cina a chiedere a gran voce garanzie sul debito di cui è, in parte, creditrice.

Ovviamente la stampa, specializzata e non, si è scatenata nell'analisi della situazione cercando ovviamente il "colpevole" (che è poi quello che maggiormente interessa al lettore). E così, prendo ad esempio i giornali italiani, c'è chi individua il colpevole nell'attuale presidente degli USA, Obama, oppure chi addossa le principali colpe alla precedente amministrazioni, leggi Bush, ricordando come il debito americano sia schizzato alle stelle grazie a spese folli per le guerre intraprese e i tagli fiscali selvaggi.

Qual'è la verità? Difficile da dirsi per l'uomo medio che di economia e politica estera ne capisce fino ad un certo punto. Probabilmente entrambe le cose sono vere o forse l'una è più dell'altra. Difficile da stabilire. La causa di tante opinioni, in fondo, è il report di S&P che declassa gli USA da una tripla A ad un AA+. Ed andandosi a leggere il report ci si rende conto semplicemente di due cose. La prima è che S&P è un'agenzia di rating e quindi fa il suo lavoro, che è quello di fare una "previsione" di quanto gli USA riusciranno a ripagare il loro debito e quindi dell'affidabilità dei suoi titoli. Vi è quindi un'analisi della situazione americana, un quadro per lo più oggettivo, basato su parametri stabiliti a priori. La seconda, conseguente alla prima, è che, più che focalizzarsi sulle cause (chi ha speso di più? chi ha tagliato di più?) della situazione terribile (?) in cui si trovano gli USA, si tenta di prevedere quello che succederà nel breve periodo. E qui il report è chiaro, basta leggere l'overview del documento diffuso da S&P: "The downgrade reflects our opinion that the fiscal consolidation plan that Congress and the Administration recently agreed to falls short of what, in our view, would be necessary to stabilize the government's medium-term debt dynamics". Quindi il rating è negativo perchè il Congresso, ad ora, ha attuato politiche insufficienti (a detta di S&P) come contromisure per la situazione in cui versano gli US. Più chiaramente ancora è ripetuto poche righe sotto: "The downgrade reflects our view that the effectiveness, stability, and predictability of American policymaking and political institutions have weakened at a time of ongoing fiscal and economic challenges to a degree more than we envisioned when we assigned a negative outlook to the rating on April 18, 2011". Quindi, in conclusione, il giudizio di S&P ci dice una cosa molto semplice: che repubblicani e democratici non riescono a mettersi d'accordo in un momento delicato e che questo grava sulla situazione dell'america. Chissà perchè si preferisce scrivere fiumi di inchiostri nel gioco dei "buoni" e dei "cattivi". Ed a me resta che molti il report non l'abbiano neanche letto.

mercoledì 27 luglio 2011

Risposta sbagliata

All'indomani dei casi Tedesco e Penati (che si sta allargando a macchia d'olio) si aspettava il parere del segretario del PD Bersani, fino ad ora chiuso in un silenzio assordante rotto da qualche considerazione di prammatica.

Oggi, Bersani passa al contrattacco e parla di "macchina del fango", visto che nel PD hanno "ben capito" quello che sta succedendo. Non me ne voglia Bersani ma questa è dietrologia, lo sport nazionale italiano, ovvero indicare il "dietro le quinte" per spiegare e razionalizzare gli epifenomeni che avvengono sul palco principale. Va da se che come tutte le affermazioni dietrologiche è elusiva. Può forse il cittadino qualunque, l'elettore medio o il militante della base del PD riuscire a capire quello che sta realmente succedendo, ascoltando Bersani? Semplicemente, no. O si crede ai giornali che attaccano a testa bassa la notizia parlando di "sistema" di tangenti rosse o ci si affida alle insinuazioni di Bersani di "macchina del fango" prendendole per verosimili. Siamo al solito "la mia parola contro la tua". E al cittadino la scelta "o con noi o contro di noi". Ovviamente gli esiti di un'eventuale querela saranno noti a babbo morto.

Basterebbe già questa motivazione per vedere un autogoal nelle dichiarazioni di Bersani. Ma c'è anche un altro motivo, semplicissimo. Il modus operandi adottato da Bersani è molto simile a quello di Berlusconi tempo fa con Repubblica ed altri giornali. Espressioni come "macchina del fango", "accettiamo le critiche ma non le calunnie" e via dicendo potevano benissimo essere apostrofate da uno del partito degli onesti per intenderci. Quindi Bersani rimarca la non-differenza, in situazioni analoghe, rispetto al suo opponent principale. Grasso che cola sia per  la maggioranza che per Grillo & co.

Infine, arriva alle orecchie degli italiani un messaggio sbagliato. Quale? Che la questione morale, tanto dibattuta, è in verità secondaria come tema all'interno del Partito Democratico. Prima c'è da difendere l'onore del partito tentando la via delle querele ai giornali. Finanche quella della class action, in quanto Bersani dice che il partito "è una proprietà indivisa, se viene paragonato alla 'ndrangheta, ebbene in questo c'è un insulto a ciascuno dei suoi componenti". Certo, verrebbe da obbiettare che forse quella messa sotto accusa non è certo la base del partito ma alcuni suoi esponenti. Per contrastare l'idea di "sistema" bisognerebbe battere il chiodo sul fatto che siano casi isolati (un lieve ossimoro, mi si permetta, col rischio di assonanza con B. quando parla di "quattro sfigati" riferendosi alla P3). Invece, si usa la base alla bisogna di difendere l'onore dei vertici. E quindi ci si chiede se il Partito Democratico sia più una corporation che una utility.  Altro grasso che cola per Grillo & co.

Avrebbe avuto più senso affidarsi alle vie legali senza strombazzarlo tanto in giro in primo luogo. Ed in secondo spendere, forse, qualche parola in più su come non rimanere invischiati in cricche locali, come revisionare il processo di scelta della classe dirigente e dei candidati visto che, ammesso e non concesso che Tedesco e Penati siano delle pecore nere all'interno del PD, qualcuno avrà anche la responsabilità politica di averli scelti.

martedì 26 luglio 2011

Pregiudiziale o pregiudizio?

La Camera ha accettato le pregiudiziali di costituzionalità sul ddl sull'omofobia (mozione UDC, PdL e Lega). Scusate, non sono un esperto di diritto, ma c'è qualcosa che non mi torna. Il parlamento italiano ha funzione legislativa, di controllo sull'operato del Governo, di inchiesta e di revisione costituzionale. Ma non è la Corte Costituzionale che si esprime sulla legittimità costituzionale delle leggi emesse dal Parlamento? Se il Parlamento può stoppare una legge, ancora prima che essa venga resa effettiva, in merito alla sua costituzionalità come farà poi la Corte ad esprimersi sulla sua effettiva costituzionalità? Dopodiché non si espropria la Corte del suo ruolo?

Sicuramente, non sapendo né leggere né scrivere di diritto, mi sbaglio e il parlamento avrà anche, tra le sue funzioni, quella di sollevare "pregiudiziali" di costituzionalità. Mi chiedo anche quali siano queste "pregiudiziali"... che un ddl contro l'omofobia sia discriminante nei confronti degli omofobi? Sarebbe un ossimoro. Nella speranza di trovare un'epifania che mi illumini, in questo caso, la "pregiudiziale" mi suona molto come un "pregiudizio".

Lezioni di civiltà

Il processo a Breivik sarà a porte chiuse e senza riprese televisive. A Breivik sarà negato indossare l'uniforme, come da lui richiesto. Le autorità norvegesi, dopo le splendidi parole dei suoi leaders "Risponderemo con più democrazia e più umanità", dimostrano ancora una volta di essere "avanti", evitando la spettacolarizzazione di un processo che fungerebbe principalmente da cassa di risonanza alle idee ed al narcisismo di Breivik, un pò quello che è successo nel caso del memoriale messo online.

Noi invece ci dobbiamo sorbire i deliri dell'europarlamentare Borghezio ed il silenzio assordante dei nostri politici (conservatori e non).

lunedì 25 luglio 2011

Uno scherzo

Borghezio su Breivik: "Un individuo lasciato agire impunemente da solo, noto su internet per le sue elucubrazioni ultraestremiste”. L'europarlamentare sospetta che ci siano “finalità oscure di quelle forze mondialiste a cui interessa criminalizzare certe idee che in Europa stanno riconquistando i cuori dei veri patrioti”. Conclusione del leghista: “a chi giova la ‘mattanza’ di Oslo?”.

Ditemi che è uno scherzo.

Giornalisti frustrati?

Ho buttato un occhio sul documento di Andrea Breivik e su alcune sue dichiarazioni. Ad esempio quando dice che ha fatto la cosa giusta perchè bisogna fermare l'avanzata dell'alleanza marxista-islamica. E posso non notare le similitudini con la campagna elettorale per l'elezioni del sindaco di Milano, dove il candidato del centrosinistra, il "comunistissimo", ex -terrorista Pisapia era accusato di essere, senza soluzione di continuità, in combutta con rom e islamici ed al tanto questionato discorso di Vendola sugli stessi rom in piazza Duomo. Direi che in entrambi i casi se Il Giornale o Libero non abbiano usato le parole "alleanza marxista-islamica" poco ci è mancato.

Mi chiedo allora se ci può essere un filo rosso che conduce da un certo tipo di stampa, strillona e prevenuta, a le azioni di Breivik. In fondo, anche a livello locale, un Libero, un IlFoglio od un IlGiornale norvegesi (o qualcosa di simile) possibile che esista.

Da questo punto di vista mi viene in soccorso l'editoriale sul primo giornale di destra dello UK, il Daily Telegraph, che porta la firma di Boris Johnson, sindaco conservatore di Londra. Johnson enuncia in maniera abbastanza semplice e diretta un pensiero essenziale: è inutile perdersi nella ricerca di una motivazione ideologica nella testa di Andreas Breivik.  E sottolinea come, anche se certi argomenti siano stati trattati con una certa similarità dai mass media di stampo conservatore in UK, ben poco servono a spiegare le mosse dell'attentatore. Quello che l'attentore mostra di sé, nelle 1500 pagine di editoriale, è un disturbo della personalità narcisistico che lo porta a trovare nell'estremismo cristiano-ariano il suo motivo di affermazione. Non è un caso che il suo modus operandi assomigli, ci ricorda Johnson, più a Micheal Ryan o Thomas Hamilton che a un attentatore islamico suicida od una cellula terroristica.

Il punto di vista di Johnson, opinabile ma condivisibile è comunque, da un certo punto di vista, un'ottima risposta a chi, dall'altra parte cercava di far passare l'idea di un'"immagine speculare di un terrorista islamico, un uomo spinto da un'ossessione ideologica, identica ma capovolta". L'ideologia, qua, è subordinata alla psicopatologia dell'individuo (non diceva qualcosa del genere Chomsky?). Interrogarsi sulla prima non svelerà il paradigma della seconda. Al massimo bisognerebbe fare il processo inverso, aggiungo io.

E in Italia, invece, i giornali di stampo conservatore come hanno affrontato la cosa? Tra le figure barbine riguardo l'attribuzione dell'attentato ad Al Qaeda, ci propinano editoriali disgustosi (scusate l'eufemismo). Sorvolando su Feltri ed il suo scritto infantile, praticamente incommentabile (a quando un TSO?), soffermiamoci un attimo su questo editoriale per IlGiornale di Magdi Allam. Praticamente Allam dà ragione alle manie narcisistiche di Breivik e dice che per "fermare l'odio l'Europa deve mettere fine alla politica delle porte aperte". Ergo per non avere altri Breivik dobbiamo dare ragione a Breivik. Se mi passate la similitudine è come dire che per contrastare una malattia non bisogna trovare la cura e fare prevenzione ma toglierci i malati dai piedi. Vogliamo dirlo? Prese di posizione ideologiche.

A questo punto però, tenendo in mente l'editoriale di Johnson faccio il percorso inverso: se l'ideologia è il paravento della psicopatologia forse la strage in Norvegia e le reazioni di parte della stampa italiana, ci dicono qualcosa più che sullo stesso Breivik su alcuni giornalisti nostrani: che siano anche loro, non dei killers certo, ma delle penne frustrate?


Senza parole

Dopo i tragici fatti avvenuti ad Oslo, parte della stampa italiana ha dato esempio di quale livello di comicità involontaria siamo riusciti a raggiungere.

Ha iniziato prima Il Giornale, modificando al volo, la sua copertina ed il suo editoriale, in quanto guarda caso se l'era subito presa con Al Qaeda. Stessa cosa che aveva fatto Il Foglio. A parte tutto il coacervo di riflessioni che si possono fare sulla mancanza di professionalità di questi "giornalisti" nel lanciare notizie che non hanno nessun fondamento o riempire le stesse di speculazioni che appaiano come verità, ci dice soprattutto che questa gente è fondamentalmente una cosa: prevenuta. E quindi poco credibile.

Il capolavoro però lo ha fatto Vittorio Feltri su Il Giornale con il suo editoriale di stamane, nel quale spiega come le vittime della strage siano da biasimare in quanto non abbiano aggredito in gruppo, a mani nude, l'attentatore mostrando una mancanza di spirito di gruppo nelle difficoltà. Insomma, un manipolo di egoisti.

Su Twitter è già partita una campagna virale con l'hashtag #Rambofeltri, che ironizza sulle corbellerie scritte in quell'editoriale.

Personalmente, nonostante trovi Twitter utile e divertente nel suo modo virale e fantasioso di "contagiare" opinione tramite le sue "campagne", penso che, questa volta, la stupidità dell'uomo Feltri non debba essere ricompensata da una campagna a tema ma bensì da un silenzio tombale, quel silenzio che normalmente accompagna una battuta imbarazzante e fuori luogo. Preferisco restare senza parole.

venerdì 22 luglio 2011

In vacanza con Silvio

Ryan ci ha preso gusto e ci ripropone il caro Silvio come testimonial delle sue campagne di voli low-cost. Mi chiedo, causa sfruttamento d'immagine, se Silvio percepisce qualcosa per questa involontaria (?) sponsorizzazione.

Legge sul libro, contenti tutti?

C'è la crisi? La manovra vi ha tolto 1000 euro l'anno? Non sapete più come arrivare a fine mese?


Bene. Perchè se non ce la fate a comprare il cibo figuratevi cosa ve ne deve importare se i libri costeranno di più. 

Da settembre, grazie alla legge approvata avantieri al Senato, vi sarà un tetto agli sconti sui libri. Una serie di paletti nella vendita al dettaglio dei libri di cui sentivamo veramente la mancanza: sconto in libreria al massimo del 15% su iniziativa del libraio e del 20% massimo su richiesta dell'editore una volta l'anno e non nel periodo natalizio (quindi niente libri-regalo a Natale, solo profumi quelli li scontano quanto volete).

Questa legge, nata dalla pressioni di editori e di librai indipendenti contro la concentrazioni di ruoli (editore, distributore, franchising), de facto è volta a colpire la grossa distribuzione online (Amazon e Ibs principalmente) , la quale assicura al momento forti sconti e un servizio grosso modo impeccabile.


Certo, come fa notare il blog 40° 49 60N, questo non basterà a fermare Amazon e compagnia, che utilizzeranno forme di fidelizzazione per abbassare i prezzi. Mezzi però che difficilmente saranno efficaci come uno sconto del 30-35% del prezzo di copertina può essere.


La legge, con relatore Riccardo Levi (PD), ha messo d'accordo maggioranza ed opposizione (tranne i Radicali). Insomma i piccoli e medi editori sono più tutelati rispetto ai grandi, così come ne dovrebbero trarre vantaggio le librerie indipendenti rispetto alle grosse catene e queste ultime rispetto alle catene online (ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensano le associazioni dei consumatori).

In effetti, le grosse catene, laddove non vi è stata una regolamentazione come in Francia, dove il tetto dello sconto è fissato al 5%, hanno chiuso. Vedi Borders in UK che è stata divorata da Amazon.

Personalmente, una legge del genere potrebbe avere un senso se all'aumento dei prezzi (o alla diminuzione degli sconti, vedetela come volete) si associasse una maggiore offerta di servizio pubblico. Leggi: più biblioteche pubbliche dove si possa leggere o prendere in prestito i libri a prezzi irrisori. In maniera tale che le fasce meno abbienti abbiano comunque la possibilità di accesso alla lettura. Ed in questo senso vanno le parole di Giuseppe Laterza che auspica, tramite una legge di iniziativa popolare, un "rafforzamento delle biblioteche, che sono centri di aggregazione sociale e culturale, non solo commerciale".

Intanto però, la legge sugli sconti è realtà, la seconda no. Insomma per ora tutti contenti, tranne i lettori.






giovedì 21 luglio 2011

Un brivido lungo la schiena

Ieri vi è stata la votazione alla Camera per l'arresto del On. Papa conclusasi con esito favorevole. Nel dibattimento precedente la votazione, mi ha particolarmente colpito l'affermazione dell'On. Francesco Paolo Sisto "I magistrati sono sottoposti alla legge. E chi la fa la legge? Noi! Dunque i magistrati sono sottoposti a noi", seguita poco dopo dall'affermazione "C'è un clima di paura qua dentro. E noi dobbiamo avere il coraggio di non avere paura!".

Alessandro Gilioli ironizza dal suo blog sul sillogismo di Sisto, che rivisita l'idea di divisione dei poteri. A me invece sembra che la divisione dei poteri sia un elemento marginale nel discorso di Sisto. Più che altro, Sisto ha ricordato ai suoi colleghi una verità fondamentale: i magistrati applicano la legge e soprattutto sono soggetti ai mutamenti della stessa. E chi è artefice di questi cambiamenti? Il Parlamento.

Il discorso di Sisto non dovrebbe sorprendere più di tanto. Il ragionamento da lui esposto ha riscontri fattuali numerosi negli ultimi anni. Quante volte abbiamo visto utilizzare il Parlamento da parte di Berlusconi come piede di porco per ottenere un salvacondotto in uno dei suoi processi? Le occasioni sono numerose sia in questa legislatura, sia due legislature fa. Certo la velocità del Parlamento nel legiferare è minore di quella di un Tribunale nel giudicare ed eventualmente condannare, ed è per questo che molte delle "leggi vergogna" sono state fatte per aumentare i tempi processuali e diminuire quelli di prescrizione. In più, molte volte ci si è messa la Corte Costituzionale di mezzo, quando le porcate scritte erano in palese contrasto con la Costituzione, ciò non toglie che molte volte però i cambiamenti di legge in corso di processi siano stati fondamentali per salvarsi le chiappe. E facendo due conti in tasca, è il motivo per cui chi è rinviato a giudizio in Parlamento non ci dovrebbe stare, altro che immunità.
Allora, personalmente, leggo in maniera piuttosto chiara il discorso di Sisto. Prima egli rammenta ai suoi colleghi che finché risiedono in Parlamento hanno al possibilità di condizionare l'azione della magistratura. In secondo luogo li esorta a non avere paura. Paura di cosa? Molto probabilmente di essere impopolari (vedi Lega) e di giocarsi la poltrona alle prossime elezioni. Ma visto che ormai le prossime elezioni sembrano, comunque vada, perse, è meglio salvarsi le chiappe e fare quello che bisogna fare. Non so voi ma ora mi aspetto un ritorno a bomba sulla riforma della giustizia. E detto tra noi, il discorso di Sisto più che un sorriso ironico mi fa venire un brivido lungo la schiena
.