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venerdì 23 settembre 2011

Piccolo ragionamento sulla #listaouting

Da stamane gira in rete la famigerata #listaouting. Senza andare a impegolarci in discussioni sulla privacy e sulla disobbedienza civile (come giustamente fa notare Gilioli sul suo blog), mi preme considerare lo scopo di chi ha scritto la lista outing.

L'intento è di sottolineare l'incoerenza di chi ha votato contro la legge anti-omofobia ed ha invece orientamenti omosessuali, quindi ha votato contro una tutela di un suo diritto per interessi di bottega politica (voti dell'elettorato conservatore, obbedienza al capo, coesione della maggioranza, etc...). Parliamoci chiaro, le liste di outing, fatte da collettivi attivisti, non sono certo la prima volte che vengono fuori. Ed hanno appunto l'intento di far affiorare quella parte nascosta di realtà quando c'è in ballo la tutela dei diritti dei cittadini.

Ma in questo caso, vista la legge che è stata bocciata, mi chiedo se il punto è essere omofobo o omosessuale. Perchè a leggere la lista l'idea è che, per un omofobo, l'essere omosessuale è un aggravante, come se non basti l'essere omofobo e basta. Infatti la legge, avversata ingiustamente, proponeva come aggravante l'atteggiamento omofobo e nulla disquisiva sull'orientamento dei soggetti. Cioè io ti punisco non perchè picchi uno che sia gay, ma perchè picchi uno perchè pensi che sia gay. Qua siamo al contrario, te la prendi con uno non perchè è omofobo, ma perchè è omosessuale ed omofobo al tempo stesso. Quasi che la discriminate non sia più l'omofobia ma l'omosessualità.

Personalmente, penso che un atto del genere possa generare solo una grande confusione da parte della società civile ed un irrigidimento da parte di chi risiede nella stanza dei bottoni.


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