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martedì 15 novembre 2011

I clamori prima della sconfitta?

Lo spread in questo momento è arrivato a 531. Il Prof. Monti sta cercando di trovare la quadra per metter su un nuovo Governo che avrà il compito di affrontare il difficilissimo momento che l'Italia (e non solo) sta attraversando. Per farlo deve mettere d'accordo una selva di partiti e partitini (alla faccia del bipolarismo) che affollano le Camere. Esponenti di tali partiti si sbrodolano in varie dichiarazioni. Di Pietro prima dice no, poi dice si ma a tempo. Il PdL dice si ma senza politici nel Governo, poi non si sa se ci ripensa. Bocchino (Terzo Polo) dichiara di voler candidare Monti alla testa di una coalizione e Capezzone (PdL) gli risponde che, se così, questo Governo non nascerà neanche. Bersani invoca la legge elettorale mentre il PdL non vuole che sia toccata. Insomma, attestazioni su posizioni e giravolte sulle stesse in vista del prossimo obiettivo: le elezioni, il prossimo anno o nel 2013 che siano.

In tutto ciò si perde la visione d'insieme, l'obiettivo semplice eppure dimenticato della politica: il bene comune. Il saper ragionare ad ampio respiro e vedere le cose in un'ottica di lungo corso, c'è da attuare la modernizzazione di un paese.

Ed a me torna in mente una frase di Sun Tzu, generale e filosofo cinese del V secolo a.C.

Una strategia senza tattiche è il cammino più lento verso la vittoria. Le tattiche senza una strategia sono il clamore prima della sconfitta.

Se chi sta cercando di mettere in piedi questo Governo (leggi il Presidente della Repubblica Napolitano e l'incaricato Presidente del Consiglio Monti) ha una chiara strategia, per lenta e dolorosa che sia la via per attuarla, dall'altra parte i parlamentari, ed i partiti a cui appartengono, sembrano una masnada di soldati e caporali che si perdono in tattiche per la prossima battaglia senza sapere quale sia il piano da mettere in atto. Speriamo che le dichiarazioni mutevoli e contraddittorie che si leggono sui giornali in questi giorni (ma anche da diversi anni si potrebbe dire) non siano i clamori prima della sconfitta.

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