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mercoledì 27 luglio 2011

Risposta sbagliata

All'indomani dei casi Tedesco e Penati (che si sta allargando a macchia d'olio) si aspettava il parere del segretario del PD Bersani, fino ad ora chiuso in un silenzio assordante rotto da qualche considerazione di prammatica.

Oggi, Bersani passa al contrattacco e parla di "macchina del fango", visto che nel PD hanno "ben capito" quello che sta succedendo. Non me ne voglia Bersani ma questa è dietrologia, lo sport nazionale italiano, ovvero indicare il "dietro le quinte" per spiegare e razionalizzare gli epifenomeni che avvengono sul palco principale. Va da se che come tutte le affermazioni dietrologiche è elusiva. Può forse il cittadino qualunque, l'elettore medio o il militante della base del PD riuscire a capire quello che sta realmente succedendo, ascoltando Bersani? Semplicemente, no. O si crede ai giornali che attaccano a testa bassa la notizia parlando di "sistema" di tangenti rosse o ci si affida alle insinuazioni di Bersani di "macchina del fango" prendendole per verosimili. Siamo al solito "la mia parola contro la tua". E al cittadino la scelta "o con noi o contro di noi". Ovviamente gli esiti di un'eventuale querela saranno noti a babbo morto.

Basterebbe già questa motivazione per vedere un autogoal nelle dichiarazioni di Bersani. Ma c'è anche un altro motivo, semplicissimo. Il modus operandi adottato da Bersani è molto simile a quello di Berlusconi tempo fa con Repubblica ed altri giornali. Espressioni come "macchina del fango", "accettiamo le critiche ma non le calunnie" e via dicendo potevano benissimo essere apostrofate da uno del partito degli onesti per intenderci. Quindi Bersani rimarca la non-differenza, in situazioni analoghe, rispetto al suo opponent principale. Grasso che cola sia per  la maggioranza che per Grillo & co.

Infine, arriva alle orecchie degli italiani un messaggio sbagliato. Quale? Che la questione morale, tanto dibattuta, è in verità secondaria come tema all'interno del Partito Democratico. Prima c'è da difendere l'onore del partito tentando la via delle querele ai giornali. Finanche quella della class action, in quanto Bersani dice che il partito "è una proprietà indivisa, se viene paragonato alla 'ndrangheta, ebbene in questo c'è un insulto a ciascuno dei suoi componenti". Certo, verrebbe da obbiettare che forse quella messa sotto accusa non è certo la base del partito ma alcuni suoi esponenti. Per contrastare l'idea di "sistema" bisognerebbe battere il chiodo sul fatto che siano casi isolati (un lieve ossimoro, mi si permetta, col rischio di assonanza con B. quando parla di "quattro sfigati" riferendosi alla P3). Invece, si usa la base alla bisogna di difendere l'onore dei vertici. E quindi ci si chiede se il Partito Democratico sia più una corporation che una utility.  Altro grasso che cola per Grillo & co.

Avrebbe avuto più senso affidarsi alle vie legali senza strombazzarlo tanto in giro in primo luogo. Ed in secondo spendere, forse, qualche parola in più su come non rimanere invischiati in cricche locali, come revisionare il processo di scelta della classe dirigente e dei candidati visto che, ammesso e non concesso che Tedesco e Penati siano delle pecore nere all'interno del PD, qualcuno avrà anche la responsabilità politica di averli scelti.

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